+ Dal Vangelo secondo Giovanni
(Gv 3,16-21)
Dio ha mandato il Figlio nel mondo,
perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede
in lui non vada perduto, ma abbia la vita
eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare
il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui
non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha
creduto nel nome dell’unigenito Figlio di
Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».In questi giorni meditiamo nel Vangelo il lungo dialogo di Gesù con Nicodemo.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».In questi giorni meditiamo nel Vangelo il lungo dialogo di Gesù con Nicodemo.
Il personaggio di
Nicodèmo compare nella Bibbia solo 3 volte, ed è il vangelo di Giovanni che ne
parla in queste tre occasioni:
Il Vangelo di tutta la
settimana riprende a tratti questo dialogo. Dio manda il Figlio unigenito. Sappiamo che nel linguaggio
semitico “unigenito” non ha il significato di “figlio unico” come intendiamo
noi, indica piuttosto il Figlio verso il quale il Padre comunica, riversa tutto
se stesso. Infatti nella cultura semitica “figlio” non è inteso come colui che
ha il sangue del padre, il consanguineo, ma è colui che sempre più assomiglia al
padre. Guardando a Gesù comprendiamo “l’agire del Padre”. Gv 1,18 “Nessuno ha mai visto Dio;
l'unigenito Figlio, che è nel seno del Padre, è colui che lo ha fatto
conoscere”. “Chi vede me, vede il Padre... Io e il Padre siamo una cosa
sola”.
Giovanni riserva
all’altro mondo l’incontro reale con Dio “allora
saremo simili a Lui, perchè lo vedremo così come egli è” (1Gv 3,2)
In questo versetto
l’evangelista sottolinea con forza che solo Gesù
rivela Dio, quel Dio che nessuno ha mai veduto,
ma che ha veduto Lui solo perchè rimane sempre nel seno del
Padre: con l’incarnazione il Logos non ha cessato mai di essere in comunione col
Padre. Cristo, Parola eterna del Padre, è quaggiù sulla terra l’unico autentico
Rivelatore dei misteri divini.
"Abbia la vita
eterna": non si intende qui ‘la
vita eterna’ di quando chiuderemo gli occhi in questo mondo, quella di
poi. “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio
unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna.
Con l'espressione ‘vita eterna’, termine giovanneo, si intende quella vita che già
inizia in questo mondo e che assume una ‘qualità’ così importante, così forte da
sfondare anche il mondo della morte, questa barriera che fa
paura. Quindi Dio ci fa vincere la morte, ma anche la paura della morte, e vita eterna è quella che ha una tale qualità e forza da
superare il ‘bios’ il biologico e collocarsi nella vita stessa di Dio.
Chi crede in lui non è condannato
Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui”.
Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui”.
Un tema caro a Giovanni è il mettere a confronto LUCE E TENEBRE. E’ come se Gesù qui dicesse:
“Voi scribi e farisei avete avuto la possibilità di avere una illuminazione, ma
avete preferito le tenebre a questa luce”. Quando una persona si abitua a vivere
in un mondo sotterraneo, nell’oscurità, è chiaro che si sente accecata dalla
luce, non è capace di vedere bene nemmeno le cose normali, la luce gli dà
fastidio. La luce invece ha una sua forza, una sua potenza, genera vita perché
senza la luce non ci può essere vita. E’ questo che Gesù vuole dire a Nicodemo.
Quindi c’è anche per noi l’invito ad essere figli della luce. E’ per
questo che dobbiamo esercitarci ad essere ‘figli della luce’, ad assaporare
tutta la pienezza di questa ‘vita’ in Dio.
Ecco l’antifona al Magnificat di oggi:
e appariranno le sue opere di figlio di Dio, alleluia.
Cerchiamo di
avere questo desiderio di luce, di eternità, perché possiamo accedere al massimo
della nostra potenzialità di amore. Come fa il Padre: ha dato suo Figlio per
noi. Così siamo chiamati a fare anche noi: abbiamo la possibilità di innalzare
la nostra ‘soglia’ dell’amore, la soglia del dono attraverso il servizio ai
fratelli.
Nicodemo alla fine è riuscito a decidersi .
Giovanni infatti racconta che alla sepoltura di Gesù vi andò anche
Nicodemo, 'quello che in precedenza era andato da lui di notte'
(Gv
19,39). Naturalmente qui ‘la notte’ è da leggersi in
senso teologico, cioè come tenebra, come oscurità. Proprio
davanti alla croce Nicodemo si è deciso ad uscire dalle tenebre della sua
incertezza. E così in quel momento ultimo si sono realizzate le parole che Gesù
gli aveva detto in principio, quando era andato da lui di
notte:
“come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia
innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita
eterna” (Gv 3,14s.).
Appunto in tal modo - volgendo lo sguardo al Figlio dell'uomo innalzato -
Nicodemo è uscito dalle sue incertezze ed ha affrontato con coraggio la
vita.
E' lo stesso miracolo che può accadere anche a noi: perché anche noi in questo Tempo Pasquale possiamo imparare dal Signore crocifisso a vincere le nostre incertezze, attraversando la vita come collaboratori nel Regno di Dio, come missionari del suo amore.
E' lo stesso miracolo che può accadere anche a noi: perché anche noi in questo Tempo Pasquale possiamo imparare dal Signore crocifisso a vincere le nostre incertezze, attraversando la vita come collaboratori nel Regno di Dio, come missionari del suo amore.
Ci dia il Signore di
assumere questa ‘mentalità’ di luce, di fare le opere di Dio, e di sentire che
assieme a Dio creiamo ‘vita’ intorno a noi, siamo cooperatori con Lui,
cooperatori della verità e del Regno che egli è venuto ad instaurare. Ma questo
ci sarà dato se costantemente ‘rinasceremo dall’alto’. “In verità vi dico: Se uno
non rinasce dall’alto non può entrare
nel regno di Dio”. Il pensiero di Gesù è
chiaro: è necessario cambiare radicalmente, è necessario
‘rinascere!’
E' una parola forte: rinascere da Dio, dall’alto, dallo Spirito!
E questo che viviamo liturgicamente è il tempo dello
Spirito.
Nicodemo andò
da Gesù, di notte
Tutti sospiriamo per il cielo dove sta Dio,
eppure abbiamo la possibilità di stare in cielo fin da questo momento,
di
essere felici con Dio in questo stesso istante.
Essere felici con lui in questo stesso istante
significa:
amare come lui ama,
aiutare come lui aiuta,
dare come lui dà,
servire come lui serve,
salvare come lui salva,
restare con lui ventiquattro ore al giorno,
toccandolo sotto le sue sembianze di
sofferenza.
(Madre Teresa di
Calcutta)
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