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mercoledì 25 gennaio 2012

Gesù opera per restituire a ciascuno di noi la capacità di servire -Mc 1,29-39

Gesù guarì molti che erano afflitti da varie malattie.

+ Dal Vangelo secondo Marco (Mc 1,29-39)


In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva.
Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.
Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui, si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!».
E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.
+ la descrizione di alcuni demoni
(Il demone dell'orgoglio )
Il demone dell'orgoglio


Il demone dell' orgoglio spinge l'anima tanto da farla cadere dalla cima più elevata, la convince a non riconoscere Dio come aiuto, ma a credere che sia lei stessa la causa delle proprie buone azioni e la spinge a guardare i fratelli dall' alto in basso, come se fossero ignoranti e sciocchi. Dopo l'orgoglio vengono l'ira e la tristezza, poi, come male estremo, il turbamento dello spirito, la pazzia e le visioni di un gran numero di demoni sospesi nell' aria.24

L'orgoglio è anche il più pericoloso dei vizi: l'orgoglioso si ritiene Dio e nega, quindi, la propria umanità: ciò lo conduce lontano dalla realtà, in un mondo apparente, nel quale si gonfia sempre di più, per finire nella confusione spirituale. L'orgoglio è ciò che C.G. Jung definisce "inflazione": ci si gonfia con contenuti dell' inconscio e così si perde sempre di più il senso della realtà; si pensa di essere un grande riformatore, un profeta o un santo. Si negano le proprie ombre e si viene invasi dal proprio inconscio senza accorgersene. Secondo Jung, tale atteggiamento conduce alla perdita dell' equilibrio interiore, alla dissoluzione della personalità.25 In tal modo è appropriato parlare di demoni, quando si tratta del pericolo dell' orgoglio, perché l'orgoglioso cade del tutto in potere di tali demoni e, identificandosi con gli archetipi dell'inconscio, viene posseduto in piena regola. Per questo motivo, proprio in relazione all'orgoglio i monaci parlano di confusione o addirittura di perdita dello spirito.26

Gli otto vizi e i demoni corrispondenti mettono in pericolo l'uomo in modo crescente. Mentre le tre pulsioni fondamentali sono relativamente facili da tenere a bada, è oggettivamente più difficile con i tre stati d'animo. Da un uomo adulto ci si aspetta che domini le pulsioni fondamentali tanto da non danneggiare la propria personalità. Certo, qui si dà un più o un meno. Dato che le pulsioni svolgono una funzione positiva, non si tratta di annullarle, ma piuttosto di integrarle in maniera ordinata. Nel confronto con i tre stati d'animo, tuttavia, si tratta di integrare la propria ombra. All'inizio si devono ammettere le esigenze e i desideri, perché, in quanto emozioni negative, non arrivino a occupare l'anima sottraendosi a ogni controllo. Poi, nella lotta contro la tristezza e l'apatia, ne va in realtà del confronto con l'inconscio, ma soprattutto dell'integrazione dell' anima, della parte femminile dell' anima che, quando viene rimossa, nell'uomo si manifesta sotto forma di cattivo umore. Sia secondo Jung che secondo Evagrio, questo confronto si compie quando si è a metà della vita e si presenta oggettivamente più difficile del dominio delle pulsioni. Nella battaglia contro la vanagloria e contro l'orgoglio ne va della sincerità verso se stessi e della relazione a Dio. Se si usa la terminologia di Jung, si tratta della questione se l'Io fa posto al Sé, o se l'Io cerca di possedere i contenuti dell'inconscio e in questo modo di arricchirsi, o se si apre e si consegna al numinoso, che incontra soprattutto nell'archetipo di Dio.
Espressa nel linguaggio religioso, si tratta della questione se io voglio sfruttare Dio e gli uomini a mio vantaggio, o se voglio servire Dio e gli uomini, se sono pronto a lasciar andare i miei ideali e le mie immagini di Dio e a consegnarmi al vero Dio, ad affidarmi al suo amore.

24. Evagrius Ponticus, op. cit., PG 40, 14.
25, C.G. Jung, Gesammelte Werke, Bd. Il, Rascher, Zlirich 1963, p. 104 (C.G. Jung, Opere, vol. Il: Psicologia e religione, Boringhieri, Torino 1979); cfr. anche A. Orlin, Das Wesell des Stolzes, "Erbe und Auftrag", 55 (1979), pp. 365s.
26 Cfr. Apophtegma 37, in Apophtegmata patruml, cit.


(Tratto da: Anselm Grun - Per vincere il male - Ed. San Paolo, pagg. 51-53)
 Mi sembra tanto azzeccato questo commento di padre Lino Pedron perchè ci introduce un po' sulla lettura generale del Vangelo di Marco che leggeremo nel corso dell'anno.


Cari saluti- Sr. Ivana
Commento su Marco 1,29-39
padre Lino Pedron 
Mercoledì della I settimana del Tempo Ordinario (Anno I) (15/01/2003)
Vangelo: Mc 1,29-39   
La guarigione della suocera di Pietro ci presenta il miracolo del servizio. Può sembrare un miracolo insignificante. Ma i miracoli non sono spettacoli di potenza, ma segni della misericordia di Dio. In questo racconto la piccolezza del segno è tutta a vantaggio della grandezza del significato. Un miracolo più straordinario avrebbe attirato la nostra attenzione a scapito di ciò di cui è segno.
Con questo piccolissimo segno l'evangelista ci dà il significato di tutti i miracoli: sono delle guarigioni che Gesù opera per restituire a ciascuno di noi la capacità di servire, che è la nostra somiglianza con Dio.
Il miracolo che Gesù è venuto a compiere in terra è la capacità di amare, cioè di servire. Chi ama serve, serve gratuitamente, serve continuamente, serve tutti indistintamente.
Noi siamo raffigurati nella suocera di Pietro: incapaci di servire, costretti a farci servire o a servirci degli altri. Il contatto con Gesù ci rende come lui, che è venuto per servire (Mc 10,45).
Il servizio è la guarigione dalla febbre mortale dell'uomo: l'egoismo, che lo uccide come immagine di Dio che è amore. L'egoismo si esprime nel servirsi degli altri, che porta all'asservimento reciproco; l'amore si realizza nel servire, che porta alla libertà dell'altro. Solo nel servizio reciproco saremo tutti finalmente liberi: "Portate i pesi gli uni degli altri, così adempirete la legge di Cristo" (Gal 6,3).
Il fatto che Gesù non lascia parlare i demoni è un aspetto importante del vangelo. Egli vuol farci capire che una conoscenza di Dio, prima di vederlo in croce, è diabolica: non capiremmo né il nostro male né il suo amore. Sarebbe la solita presentazione di un Dio creato dalla nostra testa. Voltaire ha scritto: "Dio ha creato l'uomo a sua immagine, e l'uomo ha creato Dio a sua immagine".
La giornata tipo di Gesù si conclude con una preghiera notturna, che dà inizio alla nuova attività. Per lui la contemplazione è insieme termine e sorgente dell'azione, fine di ciò che ha fatto e principio di ciò che sta per fare.
L'uomo, fatto a immagine e somiglianza di Dio, è totalmente se stesso quando sta davanti a Dio. Per questo il fine di ogni apostolato è insegnare a stare davanti a Dio e a pregare il vero Dio nel modo giusto. Dal vero rapporto con Dio nasce di conseguenza il vero rapporto con sé, con gli altri e con le cose.
Il cristiano prega soprattutto per ringraziare Dio che gli dà tutto, per amarlo, per conoscerlo meglio e vivere così nella gioia, nell'amore e nella verità.
La preghiera non serve per ricevere qualcosa, ma per diventare Qualcuno: per diventare come il Dio che preghiamo, per essere perfetti come è perfetto il Padre nostro che è nei cieli (cfr Mt 5,48).
La preghiera è il punto di arrivo di ogni realtà cristiana perché è l'approdo in Dio.
"Andiamocene altrove". L'entusiasmo delle folle e la popolarità condizionano l'agire umano e impediscono la vera libertà. Chi vuole a tutti i costi suscitare applausi non riesce ad evitare i compromessi.
Gesù scarta le immagini false che la gente si fa del suo ruolo di guaritore. Egli taglia corto riguardo all'entusiasmo popolare.
Proprio perché Gesù sa sottrarsi ai primi frutti della sua missione, questa può estendersi per tutta la Galilea.






 

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